Ho deciso di scrivere l’articolo di oggi prendendo spunto da una delle mie grandi passioni: il calcio.
Se ben ci pensiamo, infatti, il buon manager ricopre tutte le caratteristiche che possiede un allenatore di pallone vincente: sa valorizzare i suoi uomini, incoraggiare e spronare dove occorre e prendere decisione alle volte scomode per il bene del gruppo.
Del resto, anche i Mondiali in Qatar che si stanno apprestando alla loro conclusione, ci hanno dimostrato come il talento talvolta non sia sufficiente a portare a casa il risultato se non supportato da un team compatto e disposto al sacrificio. In tutto questo il ruolo del trainer diventa fondamentale: come valorizzare i leader mettendoli in condizione di andare a segno? Come far sentire i “giocatori” meno dotati indispensabili?
Valorizzare i campioni e creare un gruppo coeso
In azienda una delle fasi più delicate e importanti è quella dell’Hr management; in particolare, quella del recruiting. Il nostro scopo è quello di avere nella nostra squadra quanti più campioni possibile per far sì che tutto l’ambiente ne possa beneficiare.
Abbiamo visto quanto un Modric, un Messi o un Giroud possano fare la differenza nell’undici in campo; un campione, però, se non motivato e supportato a dovere può trasformarsi in scollaboratore (pensiamo al caso Cristiano Ronaldo che da mesi sta tenendo banco sui mass media) o, allo stesso tempo, può capitare che all’interno del gruppo vi siano scollaboratori con lo stesso carisma dei campioni ma con energia negativa.
Tutte le imprese, indipendentemente dal settore merceologico di competenza, sono costituite, infatti, al 20% da “campioni” ovvero dipendenti eccellenti che trascinano in positivo la società e al 20% da scollaboratori o anti-leader. Gli scollaboratori sono l’opposto dei campioni: hanno un tono emozionale basso e tendono a sabotare l’operato aziendale più o meno velatamente. Il restante 60% del personale sta nel mezzo e viene influenzato dai campioni e dagli scollaboratori.
Il problema? Che la forza attrattiva dell’anti-leader è la medesima di quella del campione. Come ho scritto nel mio libro “ImpresAbility” è più faticoso, però, essere un campione (pensiamo solo alle luci dei riflettori che non permettono margine di errore); ecco perché, in fase di selezione, il nostro obiettivo deve essere sotteso ad avere sempre più campioni in azienda. Sono i toni emozionali alti e proattivi a far funzionare l’impresa. Le persone non si accendono per i soldi: si accendono quando condividono un sogno, una vision comune; quando scorgiamo questa fiamma negli occhi di un candidato sappiamo di aver centrato il nostro scopo poiché sappiamo che è orientato al futuro. Viceversa, quando troviamo qualcuno orientato al passato, ancorato nel qui e ora, e che fatica a vedere il nostro sogno difficilmente con il tempo riuscirà a cambiare il proprio tono emozionale.
Chi gioca centravanti non può fare il difensore: l’importanza della specializzazione
Uno degli errori più comuni che commettono gli allenatori è quello di ritenere che un campione rimanga tale anche fuori dalla sua posizione naturale. Se un giocatore dà il meglio di sé in fascia è impensabile che possa fare altrettanto in mezzo al campo così come un terzino non avrà mai l’istinto killer in area di un centravanti; in azienda vale lo stesso principio. Occorre valorizzare i talenti attraverso la specializzazione e un’adeguata formazione. Il personale non è un costo bensì una risorsa; e questa risorsa deve crescere all’interno dell’azienda, ricoprire un ruolo e sentirsi parte di un tutto.
Ecco perché, assieme alla formazione, gioca un ruolo vitale l’organigramma: solo sapendo qual è il nostro ruolo e quali sono i nostri compiti all’interno di un’impresa, di un organismo, di un ente, siamo in grado, infatti, di rendere al meglio. E quando ognuno è al proprio posto, entra in gioco il sistema incentivante; bisogna premiare chi raggiungere gli obiettivi, chi lavora bene e crea valore aggiunto. Il compito di un manager è quello di avere un ambiente con tono emozionale alto facendo lavorare bene il personale.